Milano, Teatro Filodrammatici – 10 gennaio 2015
L’ELISIR D’AMORE – Gaetano Donizetti
Nemorino: Filippo Pina Castiglione, Adina: Anna Delfino, Belcore: Allan Rizzetti, Dulcamara: Ivo Rizzi, Giannetta: Maria Cristina Ciampi. Direttore: Michele Spotti. Ideazione scenica e regia: Gianmaria Aliverta. Luci: Adriana Renna.
Ritorna alla carica l‘opera “low cost“ di VoceAllOpera, associazione cui fa capo l’appena trentenne Gianmaria Aliverta, tutto fare e uomo dalle mille risorse, che d’estate lavora come cameriere in pizzeria e spesso canta da tenore nei cori d’opera, per autofinanziare questo avventuroso progetto: l’opera per i giovani cantata da giovani. “Siamo giovani, ma abbiamo grandi ambizioni” è il motto vincente. Quest‘anno, lasciata la sede periferica del Teatro Rosetum, le opere vengono rappresentate nel centralissimo Teatro Filodrammatici, accogliente sala di circa 200 posti, proprio di fianco al prestigiosissimo Teatro alla Scala. Non si parla ovviamente di competitività, poichè si tratta di un paragone impossibile. E però il Grande Teatro dovrebbe a sua volta e come una chioccia, proteggere e magari incentivare un‘attività che vuole rendere accessibile, anche in termini di comunicazione e di complicità un genere che molti vedono come inaccessibile e lontano, per costi e contenuti. .
Il via lo ha dato una vispa e divertente edizione de L’elisir d’amore: parlando di soldi, poichè è inevitabile, provvidenziale è il sostegno della dottoressa Maria Candida Morosini, una buona e generosa fata madrina per questi bravi ragazzi che hanno dedicato l’intera stagione alla memoria del figlio Francesco Bonelli Scarampi recentemente e tragicamente scomparso. Il costo complessivo della produzione è pari a 10.100 euro (laddove pure gli spiccioli contano) di cui 6500 sono stati spesi per il noleggio del teatro e per i manifesti pubblicitari, 550 per l’allestimento e 3.050 per i rimborsi spese sostenute dal doppio cast, strumentisti e direttore. I cast sono stati scelti tramite audizioni, svoltesi a Milano nella sede degli Amici del Loggione, dove si è presentata una schiera notevole di cantanti provenienti da tutte le parti del mondo, selezionata da una giuria particolarmente attenta ed eterogenea. Le recite, compresa l’anteprima “giovani ed anziani”, complessivamente tre.
Si è trattato, da un punto di vista sia registico che musicale, di una rivisitazione dell’edizione già vista al Rosetum. Di nuovo la direzione è stata affidata alla bacchetta quasi imberbe, ma ma assai promettente, di Michele Spotti, giovanissimo talento che ha già trovato lavoro in Svizzera dove dirige con complessi importanti niente meno che il Mahler sinfonico alternandolo al Weber cameristico. Qui con grande serietà, precisone ed un gesto sicuro che è bello osservare anche dalla platea, ha diretto il gruppo di altrettanto giovani strumentisti, costituito da Elton Tola, al violino, Nicolò Jacopo Suppa, viola, Ingrid Ruko, violoncello e Eleonora Barlassina al pianoforte. Il coro è curiosamente composto, in parte, da studenti del conservatorio (Eleonora Boaretto, Micol Mortini, Giulio Galibariggi, Riccardo Benoldi, Francesco Ambruoso e Gabriele Facciala) affiancati da coristi del coro del Circuito As.Li.Co. (Valentina Ricetti, Claudia Ceruti, Mattia Rossi, Paolo Di Stefano e Alberto Sala) e la netta sensazione è che, oltre a cantare ben intonati ed affiatati, si divertissero un mondo partecipando attivamente alla scatenata regia.
L’Elisir in versione assolutamente contemporanea, sia per scelta che per necessità: siamo in pieno periodo elettorale Belcore e Dulcamara sono I due candidati premier che si sfidano, l’uno più che altro a parole e molto sensibile agli incanti della procace Adina, a sua volte dai modi della spensierata e frivola “velina”, l’altro apparentemente più popolare, cerca di piazzare l’elisir che i malcapitati e creduloni villici acquistano con gli “ottanta euro” da lui prima generosamente distribuiti.
Le allusioni a Berlusconi ed a Renzi non sono casuali e del resto poi finisce, come nella politica vera, a tarallucci e vino essendo rivali sì, ma fatti poi della stessa pasta. A questa congiura di potere, in visione sarcastica ed ironica, sfugge il solo Nemorino, innamorato sinceramente ed unico personaggio veramente “umano”. Aliverta, in quest’edizione, ha soppresso la pur essenziale scenografia, tutto sommato, superflua in virtù di un’azione ammiccante e scatenata. Bastano le trovate, davvero spiritose, dell’elisir, le cui bottiglie sono, in realtà, il contenitore di magliette “elettorali”, mentre quello “speciale” della “crudele Isotta” è contenuto in una fialetta microscopica. Enorme, viceversa, è il “bigino” delle istruzioni per l’uso. Nel secondo atto la scena cruciale in cui Giannetta rivela alle amiche ciò che “è noto solo al merciauolo” avviene sotto i caschi del parucchiere, che poi armato di boa e parrucca turchina, pure lui rincorre l’ignaro Nemorino.
Alle mille ed una idee vincenti di Aliverta partecipa un cast -qui ci si riferisce a quello della recita di sabato 10 gennaio- che vede in primis emergere il Nemorino a “prova di bomba” del tenore Filippo Pina Castiglione, che per tre recite di fila ne ha vestito I panni essendo il ruolo “vacante” dopo le audizioni. Si tratta di un professionista a tutto tondo che ha totalizzato un numero irraggiungibile del ruolo e che, con la sua maestria, fa da “nave scuola” al resto del cast. La voce è duttile, usata ad arte con dovizia di colori e con una padronanza tecnica ammirevole: costretto a furor di popolo a bissare la fatidica “Furtiva lagrima”, vince anche per una comunicativa immediata e per una simpatia naturale e spontanea che lo rendonoo elemento pressocchè insostituibile, e non solo in questa contingenza. Altro protagonista assoluto il baritono Allan Rizzetti che di Belcore fa una creazione personalissima ed è, praticamente, il sosia perfetto di Berlusconi. La voce risponde con sonorità e buona lena, il fraseggiatore è attento ad imitare, pure nell’accento, le intonazioni che rendono caratteristico il “Silvio nazionale”: in una parola, irresistibile. Ottimo pure il giovanissimo ed aitante basso Ivo Rizzi, Dulcamara dai tratti di Matteo Renzi e con l’arroganza un po’ gaglioffa del medesimo. La simpatia del giovane interprete, che si dimostra assai prestante pur essendo al debutto assoluto, è accompagnata da una voce che forse soffre un po’ nell’acuto, essendo di colore e di timbro molto scura. Un elemento comunque da non perdere di vista. Ottima sotto il profilo sia scenico che vocale Anna Delfino, pimpante e sexy Adina che a partire del duetto e quindi aria ed allegro del secondo atto si lancia in sovracuti che toccano tranquillamente e sostengono Mi bemolle. La voce timbricamente non è bellissima, ma l’interprete è davvero ammirevole supplendo con un canto sfumato e ricco di intenzioni. Bene anche la Giannetta di Maria Cristina Ciampi, accomunata nell’applauso finale che ha gratificato con ripetute chiamate alla ribalta l’intera compagnia.
Prossimo appuntamento in febbraio per un’altra scommessa: Cavalleria rusticana abbinata a La voix humane. Non mancheremo di darne conto.
Andrea Merli